venerdì 30 gennaio 2009

Adesione alla Marcia Mondiale del Presidente del Cile Bachelet


In un incontro con il Portavoce del Nuovo Umanesimo per il Sudamerica Tomás Hirsch, la presidente cilena Michelle Bachelet ha aderito con entusiasmo alla Marcia Mondiale per la pace e la Nonviolenza.


venerdì 23 gennaio 2009

No ad ogni genocidio - Presidio Milano 27 gennaio 2009

A tutte le Associazioni, i Gruppi, i Cittadini

Il 27 gennaio come tutti gli anni si celebra la Giornata della Memoria per ricordare l'abominio dell'olocausto che ha sterminato milioni di ebrei (oltre a centinaia di migliaia di rom, disabili, omosessuali, prigionieri politici e altre minoranze). Questa giornata, a nostro parere, non può essere soltanto di memoria e di commemorazione. Questa giornata dovrebbe fungere da monito e insegnamento, dovrebbe essere un'occasione in cui noi, memori di quanto accaduto nel passato, ci impegniamo a non compiere gli stessi errori nel presente.
Per questo motivo vorremmo puntare l'attenzione sull'indescrivibile sterminio della popolazione palestinese che sta avvenendo proprio in questi giorni di assedio da parte del governo di Israele, ma anche sul quotidiano e costante stato di occupazione e violazione dei diritti umani perpetuato nei confronti del popolo palestinese da 60 anni a questa parte, con il tacito consenso della comunità internazionale.
Il nostro vuole essere un invito a manifestare per i Diritti Umani e per la Pace, per il diritto di ogni popolo ad avere la sua terra e le risorse materiali ed economiche per poter vivere in libertà, al di là di ogni schieramento politico e di ogni appartenenza religiosa, etnica o culturale. Siamo contro ad ogni forma di violenza e di terrorismo (sia esso perpetrato dai governi di Israele o da gruppi fondamentalisti islamici) che ostacolano la possibilità di dialogo e convivenza tra i due popoli.
Contro ogni forma estremismo religioso, per un futuro di pace, giustizia e libertà proponiamo di incontrarci

martedì 27 gennaio dalle ore 18
a Milano in largo Cairoli
per dire il nostro no ad ogni genocidio

Vi invitiamo a partecipare numerosi e a non portare bandiere, se non quella della pace, per manifestare insieme per i diritti dei popoli oppressi in maniera pacifica e non violenta.
Vi preghiamo di diffondere la notizia a tutti i vostri contatti

PACE SALAM SHALOM PEACE
Servizio Civile Internazionale
Gruppo Regionale Lombardia

martedì 20 gennaio 2009

Manifesto degli scienziati antirazzisti 2008

Link: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=3208

Il 5 settembre 1938 il Re d'Italia Vittorio Emanuele III promulgava le leggi razziali frutto del "Manifesto degli scienziati razzisti" (pubblicato sul "Giornale d'Italia" il 14 luglio 1938 e sul periodico "La difesa della razza" il 5 agosto 1938). A distanza di 70 anni da quel tragico e vergognoso evento, un gruppo di scienziati italiani ha preso una iniziativa altamente significativa.

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Manifesto degli scienziati antirazzisti 2008
Capire le differenze, valorizzare le diversità.

Di razza ce n'è una sola. Quella umana.

I. Le razze umane non esistono. L'esistenza delle razze umane è un'astrazione derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze "psicologiche" e interpretate sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte suddivisioni, basate sull'idea che gli umani formino gruppi biologicamente ed ereditariamente ben distinti, sono pure invenzioni da sempre utilizzate per classificare arbitrariamente uomini e donne in "migliori" e "peggiori" e quindi discriminare questi ultimi (sempre i più deboli), dopo averli additati come la chiave di tutti i mali nei momenti di crisi.

II. L'umanità, non é fatta di grandi e piccole razze. È invece, prima di tutto, una rete di persone collegate. È vero che gli esseri umani si aggregano in gruppi d'individui, comunità locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo non avviene in quanto hanno gli stessi geni ma perché condividono storie di vita, ideali e religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di vita, ovvero culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da DNA identici; al contrario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si formano, si trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono con una rapidità incompatibile con i tempi richiesti da processi di selezione genetica.

III. Nella specie umana il concetto di razza non ha significato biologico. L'analisi dei DNA umani ha dimostrato che la variabilità genetica nelle nostra specie, oltre che minore di quella dei nostri "cugini" scimpanzé, gorilla e orangutan, è rappresentata soprattutto da differenze fra persone della stessa popolazione, mentre le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi sono piccole. I geni di due individui della stessa popolazione sono in media solo leggermente più simili fra loro di quelli di persone che vivono in continenti diversi. Proprio a causa di queste differenze ridotte fra popolazioni, neanche gli scienziati razzisti sono mai riusciti a definire di quante razze sia costituita la nostra specie, e hanno prodotto stime oscillanti fra le due e le duecento razze.

IV. È ormai più che assodato il carattere falso, costruito e pernicioso del mito nazista della identificazione con la "razza ariana", coincidente con l'immagine di un popolo bellicoso, vincitore, "puro" e "nobile", con buona parte dell'Europa, dell'India e dell'Asia centrale come patria, e una lingua in teoria alla base delle lingue indo-europee. Sotto il profilo storico risulta estremamente difficile identificare gli Arii o Ariani come un popolo, e la nozione di famiglia linguistica indo-europea deriva da una classificazione convenzionale. I dati archeologici moderni indicano, al contrario, che l'Europa è stata popolata nel Paleolitico da una popolazione di origine africana da cui tutti discendiamo, a cui nel Neolitico si sono sovrapposti altri immigranti provenienti dal Vicino Oriente. L'origine degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo dell'Europa. Nonostante la drammatica originalità del razzismo fascista, si deve all'alleato nazista l'identificazione anche degli italiani con gli "ariani".

V. È una leggenda che i sessanta milioni di italiani di oggi discendano da famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio. Gli stessi Romani hanno costruito il loro impero inglobando persone di diverse provenienze e dando loro lo status di cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e sociale, che hanno caratterizzato l'intera storia della penisola, e a cui hanno partecipato non solo le popolazioni locali, ma anche greci, fenici, ebrei, africani, ispanici, oltre ai cosiddetti "barbari", hanno prodotto l'ibrido che chiamiamo cultura italiana. Per secoli gli italiani, anche se dispersi nel mondo e divisi in Italia in piccoli Stati, hanno continuato a identificarsi e ad essere identificati con questa cultura complessa e variegata, umanistica e scientifica.

VI. Non esiste una razza italiana ma esiste un popolo italiano. L'Italia come Nazione si é unificata solo nel 1860 e ancora adesso diversi milioni di italiani, in passato emigrati e spesso concentrati in città e quartieri stranieri, si dicono e sono tali. Una delle nostre maggiori ricchezze, é quella di avere mescolato tanti popoli e avere scambiato con loro culture proprio "incrociandoci" fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una inesistente "purezza del sangue" la "nobiltà" della "Nazione" significa ridurre alla omogeneità di una supposta componente biologica e agli abitanti dell'attuale territorio italiano, un patrimonio millenario ed esteso di culture.

VII. Il razzismo é contemporaneamente omicida e suicida. Gli Imperi sono diventati tali grazie alla convivenza di popoli e culture diverse, ma sono improvvisamente collassati quando si sono frammentati. Così é avvenuto e avviene nelle Nazioni con le guerre civili e quando, per arginare crisi le minoranze sono state prese come capri espiatori. Il razzismo é suicida perché non colpisce solo gli appartenenti a popoli diversi ma gli stessi che lo praticano. La tendenza all'odio indiscriminato che lo alimenta, si estende per contagio ideale ad ogni alterità esterna o estranea rispetto ad una definizione sempre più ristretta della "normalità". Colpisce quelli che stanno "fuori dalle righe", i "folli", i "poveri di spirito", i gay e le lesbiche, i poeti, gli artisti, gli scrittori alternativi, tutti coloro che non sono omologabili a tipologie umane standard e che in realtà permettono all'umanità di cambiare c ontinuamente e quindi di vivere. Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se é capace di cambiarsi e noi esseri umani cambiamo sempre meno con i geni e sempre più con le invenzioni dei nostri "benevolmente disordinati" cervelli

VIII. Il razzismo discrimina, nega i collegamenti, intravede minacce nei pensieri e nei comportamenti diversi. Per i difensori della razza italiana l'Africa appare come una paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello stesso tempo separa e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste una "comune razza mediterranea". Per spingere più indietro l'Africa gli scienziati razzisti erigono una barriera contro "semiti" e "camiti", con cui più facilmente si può entrare in contatto. La scienza ha chiarito che non esiste una chiara distinzione genetica fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono state assolutamente dimostrate, dal punto di vista paleontologico e da quello genetico, le teorie che sostengono l'origine africana dei popoli della terra e li comprendono tutti in un'unica razza.

IX. Gli ebrei italiani sono contemporaneamente ebrei ed italiani. Gli ebrei, come tutti i popoli migranti (nessuno é migrante per libera scelta ma molti lo sono per necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e di religione. Così é successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi italiani emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora: africani, filippini, cinesi, arabi dei diversi Paesi , popoli appartenenti all'Est europeo o al Sud America ecc. Tutti questi popoli hanno avuto la dolorosa necessità di dover migrare ma anche la fortuna, nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro cultura a quella degli ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare, quando é stato possibile, né l'una né l'altra.

X. L'ideologia razzista é basata sul timore della "alterazione" della propria razza eppure essere "bastardi" fa bene. È quindi del tutto cieca rispetto al fatto che molte società riconoscono che sposarsi fuori, perfino con i propri nemici, è bene, perché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle barriere. Del resto negli umani i caratteri fisici alterano più per effetto delle condizioni di vita che per selezione e i caratteri psicologici degli individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni. Il "meticciamento" culturale é la base fondante della speranza di progresso che deriva dalla costituzione della Unione Europea. Un'Italia razzista che si frammentasse in "etnie" separate come la ex-Jugoslavia sarebbe devastata e devastante ora e per il futuro. Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita di cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammentazione e implosione non controllabili perché originate dalla ripulsa indiscriminata per chiunque consideriamo "altro da noi".

Enrico Alleva, Docente di Etologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Guido Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara
Marcello Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze
Laura dalla Ragione, Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia
Elena Gagliasso, Docente di Filosofia e Scienze del vivente, Università La Sapienza, Roma
Rita Levi Montalcini, Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina
Massimo Livi Bacci, Docente di demografia, Università di Firenze
Alberto Piazza, Docente di Genetica Umana, Università di Torino
Agostino Pirella, Psichiatra, co-fondatore di Psichiatria democratica, Torino
Francesco Remotti, Docente di Antropologia culturale, Università di Torino
Filippo Tempia, Docente di Fisiologia, Università di Torino
Flavia Zucco, Dirigente di Ricerca, Presidente Associazione Donne e Scienza, Istituto di Medicina molecolare, CNR , Roma

lunedì 19 gennaio 2009

18 febbraio 2009, evento a Bruxelles contro lo Scudo Spaziale

BRUXELLES, 18 FEBBRAIO 2009:
AL PARLAMENTO EUROPEO CON I SINDACI

E GLI ATTIVISTI CECHI CONTRO LO SCUDO SPAZIALE

Caro amico,

come sai il governo americano e quello ceco si sono accordati per installare in territorio ceco una base militare radar, come parte del sistema di difesa missilistica nazionale degli Stati Uniti. Nonostante venga chiamato "Scudo Spaziale", non si tratta di un'arma di difesa, ma di attacco e costituisce un grave pericolo per tutti: questo piano sta infatti causando tensioni tra gli Stati Uniti, la Russia e l'Unione Europea, portando ad una nuova corsa agli armamenti e instaurando un clima da nuova guerra fredda. Questo tema non riguarda solo la Repubblica Ceca e la Polonia (dove si vorrebbe installare una base per missili intercettori), ma coinvolge tutta l'Europa, perché influirà fortemente sulla sicurezza dell'intero continente: temiamo che, grazie a questo sistema avanzato, l'Europa diventi il principale campo di battaglia di un potenziale conflitto internazionale.

Non è un caso che politici europei, che normalmente appoggiano le politiche militariste, si siano dichiarati contrari allo Scudo Spaziale.

I due terzi dei cittadini cechi si oppongono a questo progetto, eppure in luglio il governo ha firmato un accordo con gli Stati Uniti, che tra breve dovrà essere ratificato dal Parlamento. Purtroppo il referendum non è previsto nella nostra Costituzione, ma nelle decine di consultazioni auto-gestite che abbiamo organizzato nei villaggi e nelle cittadine della zona dove si vorrebbe costruire la base radar in media più del 95% della popolazione si è espressa contro questo progetto. Abbiamo inoltre organizzato manifestazioni, conferenze internazionali e uno sciopero della fame che ha coinvolto attivisti (non solo cechi, ma di tutto il mondo) e personalità ceche del campo accademico, sportivo, artistico, sindacale e politico , uniti nella richiesta di sospendere questo pericoloso progetto.

Il 1° gennaio 2009 la Repubblica Ceca ha assunto per sei mesi la presidenza dell'Unione Europea; proprio per questo ci è sembrato importante portare la nostra protesta in seno al Parlamento Europeo, che finora non si è espresso su questa fondamentale questione e il 18 febbraio parteciperemo ad un incontro a Bruxelles con vari europarlamentari. In vista di questo appuntamento ti rivolgiamo un appello perché manifesti il tuo appoggio alla nostra protesta con una lettera di solidarietà che verrà portata a questo incontro e anche, se possibile, partecipando direttamente alla manifestazione che stiamo organizzando a Bruxelles, davanti al Parlamento Europeo, per quel giorno.

Speriamo che il nostro comune impegno possa contribuire alla costruzione di un mondo senza guerre e senza violenza e che la tendenza verso la corsa agli armamenti e all'aggressione militare venga sostituita da investimenti nei campi che contribuiscono ad un vero sviluppo umano.

Con i migliori saluti

Jan Neoral, portavoce della Lega dei Sindaci contro il radar
Jan Tamás, portavoce del movimento nonviolento contro le basi
Dana Feminová, portavoce ceca di Europe for Peace

Per inviare messaggi di solidarietà o partecipare all'iniziativa:

Anna Polo: annapolo1@gmail.com

giovedì 15 gennaio 2009

Pacifisti israeliani rifiutano di arruolarsi per combattere

Una manifestazione nei primi giorni di gennaio 2009 in Israele durante la quale gli obiettori dichiarano di non voler partecipare alle azioni militari a Gaza.
Courage to refuse: "...il vero coraggio è quando tutti dicono una cosa e tu ne fai un'altra, perchè tu solo ci credi..."
Grande onore a questi ragazzi.
Qui trovate il testo delle interviste:
http://www.webmov.org/wpress/2009/01/14/pacifisti-israeliani-si-rifiutano-di-arruolarsi-per-combattere-a-gaza/


mercoledì 14 gennaio 2009

Manifestazione per fermare la guerra a Gaza - Assisi 17/01/2009

Appello a tutte le donne e uomini di buona volontà

Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta?

Fermare la guerra a Gaza è possibile!
Rompiamo il silenzio dell'Italia

Sabato 17 gennaio 2009

ore 10.00
Tutti ad Assisi
per la pace in Medio Oriente


Non vogliamo essere complici della guerra ma costruttori di pace!

In nome dei diritti umani e della legalità internazionale,
rompiamo il silenzio e gridiamo insieme: "Fermatevi! Fermiamola!"


La guerra deve essere fermata ora. Non c'è più tempo per la vecchia politica, per la retorica, per gli appelli vuoti e inconcludenti. E' venuto il tempo di un impegno forte, autorevole e coraggioso dell'Italia, della comunità internazionale e di tutti i costruttori di pace per mettere definitivamente fine a questa e a tutte le altre guerre del Medio Oriente. Senza dimenticare il resto del mondo.

Giovani, donne, uomini, gruppi, associazioni, sindacati, enti locali, media, scuole, parrocchie, chiese, forze politiche: "a ciascuno di fare qualcosa!"

"Non ci sarà pace nel mondo finchè non regnerà in quelle terre piena pace. E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria sul pianeta intero." Card. Carlo Maria Martini

I promotori dell'Appello "Dobbiamo fare la nostra scelta"
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (prime adesioni)

Per adesioni e informazioni:
Tavola della Pace, via della viola 1 (06100) Perugia Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - e mail: segreteria@perlapace.it - www.perlapace.it

Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani,
via della Viola 1 (06100) Perugia - tel. 075/5722479 - fax 075/5721234
email: info@entilocalipace.itwww.entilocalipace.it

martedì 13 gennaio 2009

ADESIONE DEL PARTITO UMANISTA DI TRIESTE AL COMITATO PROMOTORE DELLA MARCIA MONDIALE PER LA PACE E LA NONVIOLENZA

Trieste, 9 gennaio 2009

Si è tenuta oggi la conferenza stampa di presentazione e adesione del Partito Umanista di Trieste al comitato promotore cittadino della Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, il cui transito è previsto a Trieste tra il 7 e l'8 novembre 2009.
La Marcia Mondiale partirà dalla Nuova Zelanda il 2 Ottobre 2009, anniversario della nascita di Gandhi, dichiarato dalle Nazioni Unite "Giornata internazionale della Nonviolenza". Si concluderà il 2 gennaio 2010 sulle Ande argentine, in località Punta de Vacas, ai piedi del monte Aconcagua. Durante questi 90 giorni passerà per più di 90 paesi e 100 città dei cinque continenti. Coprirà una distanza di 160.000 km. Alcuni tragitti saranno percorsi via mare o in aereo. Attraverserà tutti i climi e le stagioni, dall'estate torrida delle zone tropicali e desertiche all'inverno siberiano. Le tappe più lunghe saranno quella asiatica e quella americana, entrambe della durata di un mese. Una equipe base permanente di cento persone di diverse nazionalità farà il percorso completo.
L'obiettivo della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sul pericolo rappresentato dalle centinaia di ordigni nucleari presenti sul pianeta e sui vantaggi che potrebbero derivare dal disarmo progressivo e proporzionale in tutti i paesi. Primo tra questi la soluzione alla fame nel mondo usando il 10% di quanto si spende oggi in armamenti.
Ad oggi molte personalità nel mondo hanno dato la loro adesione tra questi il Premio Nobel per la pace Desmond Tutu, il direttore d'orchestra Zubin Mehta, il linguista Noam Chomsky, lo scrittore Premio Nobel Jose Saramago, e lo scrittore Eduardo Galeano, il drammaturgo Ariel Dorfmann, Arun Gandhi nipote del Mahatma, il cineasta Alejandro
Jodorowsky, i cantanti Noa, Ana Belén e Juanes.
In Italia: le attrici Lella Costa, Claudia Gerini e Ottavia Piccolo, il regista Claudio Fragasso, il team manager della Juventus Gianluca Pessotto, il cantautore David Riondino, Alex Zanotelli. i membri del Parlamento Europeo Luisa Morgantini, Giulietto Chiesa, Giusto Catania, Vittorio Agnoletto, Umberto Guidoni e Gianni Pittella.
Un ramo della Marcia partirà dal travagliato Medio Oriente in ottobre, passerà per Istanbul, attraverserà i balcani, Trieste e il nord Italia, per poi concludersi il 9 novembre a Ginevra, dove si trova un palazzo dell'ONU.
"Aderiamo a questa marcia", dichiara il segretario triestino del Partito Umanista Dino Mancarella, "perché condividiamo la sensibilità del progetto che vedrà uniti tutti gli esseri umani da ogni angolo del pianeta che chiedono di vivere in pace e rifiutano la violenza. "Per quel che riguarda il tema del disarmo", continua Mancarella, "ci saremo in tre punti militarizzati della regione dove la marcia passerà: Rivolto, sede di una possibile base missilistica nazionale, Aviano, base della NATO già utilizzata in passato per azioni di guerra spacciate per azioni di pace, nonché Trieste, porto d'attracco delle navi militari a propulsione nucleare".
La conferenza stampa è stata un'occasione per ricordare che in questi giorni giovani israeliani e palestinesi stanno protestando contro la guerra in atto, i primi chiedono di fermare l'invasione di Gaza, i secondi protestano contro la violenza di Israele, ma chiedono anche che Hamas sospenda gli attacchi con i razzi o con qualsiasi altra arma.
Organizzazioni ebraiche e palestinesi lavorano insieme nella Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza (per il ramo che passerà anche per Trieste), risvegliando la coscienza dei popoli perché si metta fine alla follia della violenza.
Non è facile levare la propria voce per la pace, quando si scatena la violenza, non è facile sopportare l'aggressione contro il proprio popolo quando si subisce la paura e l'ira di un altro popolo. I pacifisti israeliani e palestinesi sono un esempio per tutto il mondo.
I giornali non diffondono il loro punto di vista, i mass media non danno spazio ai loro sforzi. Riceviamo solo la propaganda e la contro-propaganda di chi guida una o l'altra fazione e pensa solo a giustificare le proprie azioni.
La popolazione è spaventata e i violenti di entrambe le fazioni tentano di terrorizzarla ancora di più. Contaminati dalla paura e dalla vendetta, tentano di controllarci per i loro interessi.
"Respingiamo la violenza dello Stato di Israele",dichiara ancora Dino Mancarella, "ma anche quella dei gruppi armati palestinesi. Solo una coscienza nonviolenta potrà fermare la violenza e se oggi questa coscienza è ridotta dobbiamo farla crescere."
"Secondo noi", continua Mancarella, "l'invasione di Gaza da parte dell'esercito israeliano deve cessare immediatamente. I pacifisti palestinesi devono rafforzarsi per fermare Hamas e qualsiasi gruppo armato. E' necessario creare uno stato palestinese e la comunità internazionale ha una responsabilità perché questo avvenga. Siamo tutti responsabili dell'umanizzazione dei nostri popoli."
Conclude Cristian Azzeglio del comitato promotore triestino della marcia: "La Marcia Mondiale è una causa in cui possono convergere tutte le razze, tutti i popoli, tutte le culture e tutte le religioni, superando la sofferenza che causiamo ad altri popoli e quella che altri popoli ci hanno causato. Ci uniamo per costruire il futuro nonviolento che emerge già dalla profondità dell'essere umano."
"Segnalo inoltre", continua Azzeglio, "che a fine Gennaio si terrà la prima riunione del comitato promotore triestino della marcia mondiale, a cui hanno aderito o stanno aderendo numerose associazioni."

Per maggiori informazioni:
Sito web: http://www.marciamondiale.org
e-mail: trieste@theworldmarch.org

60 anni di guerra - per non rimanere neutrali nella storia

Gaza e i terroristi - Israele e il diritto alla pace
Palestina e i territori - Medio Oriente e la democrazia
Vita - Morte

Questa è la tremenda "verità" che ci viene raccontata
Lo chiamano stato democratico, lo chiamano terrorismo

Ci confondono le idee!

"... per fare la pace ci vuole la guerra
per avere la vita ci vuole la morte ..."

Anche noi spesso cerchiamo delle parole per giustificare fatti che ci sono incomprensibili,
eppure in sè chiari, ma che rifiutiamo perchè per noi impossibili.
Come la guerra, come i massacri, come gli integralismi,
così è per Gaza, così è per la Palestina, così è per Israele.

Così sono le armi che ammazzano la vita
così è la terra rubata con la speranza di vita
così è la "fede" che viene tradita.

"... Le colpe ci separano dalla verità
come una bandiera dalla libertà ..."

Venerdi 16 gennaio 2009 alle ore 21
presso Centro Ascolto via Ceriani 3 - Milano – Baggio

ne parliamo con
Piero Maestri - di Guerra e Pace
Lino Zambrano - volontario del C.R.I.C. a Gaza

Un invito a entrare nella storia per conoscere
e comprendere la possibile verità e la sua speranza di vita e di pace
... per non rimanere neutrali nella storia

Organizzano:
Assoc. Dimensioni Diverse - Circolo culturale La Merceria/Linea di Confine - C.R.I.C. - Rete AntiRazzista Sud Ovest-Milano


domenica 11 gennaio 2009

Fabrizio De André - un grande cantautore, un grande poeta




La guerra di Piero (1964)

Dormi sepolto in un campo di grano
non e' la rosa non e' il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.

Lungo le sponde del mio torrente,
voglio che scendano i lucci argentati
non piu' i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.

Cosi' dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve.

Fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce;

ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera.

E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.

Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue

e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avra' per morire
ma il tempo a me restera' per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.

E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed mentre imbraccia l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia.

Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chieder perdono per ogni peccato.

Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno.

Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno.

E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.

Dormi sepolto in un campo di grano
non e' la rosa non e' il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.

sabato 10 gennaio 2009

Marcia Mondiale al Rally Dakar 2009

Tre immagini dalla Dakar che quest'anno si svolge tra Argentina e Cile: il motociclista spagnolo Francisco Jose Gomez Pallas mostra il cartello della Marcia Mondiale durante il passaggio davanti all'obelisco a Buenos Aires.

venerdì 9 gennaio 2009

PRESIDIO-FIACCOLATA PER GAZA: VENERDI' 9 GENNAIO 2009 MILANO PIAZZA DUOMO ORE 18,30

Acli, Arci, Cgil, Lega ambiente sulla base dell'appello nazionale "non
si può rimanere a guardare", promuovono un presidio-fiaccolata per
venerdì 9 gennaio 2009 in p.za Duomo dalle 18,30. Invitano tutte le
organizzazioni a farsi copromotrici dell'iniziativa, invitano tutte e
tutti a partecipare. Per adesioni: segreteria@aclimilano.com -
milano@arci.it

NON SI PUO' RIMANERE A GUARDARE

C'è un modo per evitare il massacro di civili. C'è un modo per
salvare il popolo palestinese. C'è un modo per garantire la sicurezza
di Israele e del suo popolo. C'è un modo per dare una possibilità alla
pace in Medio Oriente. C'è un modo per non arrendersi alla legge del
più forte e affermare il diritto internazionale:

CESSATE IL FUOCO IN TUTTA L'AREA

RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE ISRAELIANE

FINE DELL'ASSEDIO DI GAZA

PROTEZIONE UMANITARIA INTERNAZIONALE

Facciamo appello a chi ha responsabilità politiche e a chi sente il
dovere civile perché sia rotto il silenzio e si agisca. Le Nazioni
Unite e l'Unione Europea escano dall'immobilismo e si attivino per
imporre il pieno rispetto del diritto internazionale

L'Italia democratica faccia la sua parte.

Le nostre organizzazioni si impegnano, insieme a chi lo vorrà, per
raccogliere e dare voce alla coscienza civile del nostro paese.

ACLI, ARCI, LEGAMBIENTE, CGIL, AUSER, LIBERA, RETE LILLIPUT,
Associazione ONG Italiane – Piattaforma Medio Oriente, Fondazione
Angelo Frammartino, Beati i Costruttori di Pace, FIOM, CGIL Funzione
Pubblica, Un ponte per…, AIAB, CIES, GRUPPO ABELE, CIPAX – Centro
Interconfessionale per la pace, Donne in Nero, A Sud, FAIR, Fairtrade
Italia, Forum Ambientalista, UCODEP, Terres des Hommes International,
Armadilla Onlus, SDL Intercategoriale, Tavola Sarda per la pace,
Famiglia di Angelo Frammartino, Luigi Ciotti, Flavio Lotti, Luciana
Castellina, Giuliana Sgrena, Enzo Mazzi - Isolotto Firenze, Luisa
Morgantini, Vittorio Agnoletto, Giovanni Berlinguer, Sergio Staino,
tanti gruppi locali, docenti, amministratori locali, pacifisti e
pacifiste, cittadini e cittadine….

martedì 6 gennaio 2009

I pacifisti israeliani e palestinesi sono un esempio per tutto il mondo

Migliaia di giovani israeliani sono scesi in piazza a manifestare,
chiedendo al loro governo di fermare l'invasione di Gaza. Molti sono
finiti in prigione, come gli obiettori di coscienza, i soldati e i
riservisti che si rifiutano di varcare il confine con il territorio
palestinese.

Giovani palestinesi protestano contro la violenza di Israele, ma
chiedono anche che Hamas sospenda gli attacchi con i razzi o con
qualsiasi altra arma.

Organizzazioni ebraiche e palestinesi lavorano insieme nella Marcia
Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, risvegliando la coscienza dei
popoli perché si metta fine alla follia della violenza.

Non è facile levare la propria voce per la pace, quando si scatena la
violenza, non è facile sopportare l'aggressione contro il proprio
popolo quando si subisce la paura e l'ira di un altro popolo. I
pacifisti israeliani e palestinesi sono un esempio per tutto il mondo.

I giornali non diffondono il loro punto di vista, i mass media non
danno spazio ai loro sforzi. Riceviamo solo la propaganda e la
contro-propaganda di chi guida una o l'altra fazione e pensa solo a
giustificare le proprie azioni.

La popolazione è spaventata e i violenti di entrambe le fazioni
tentano di terrorizzarla ancora di più. Contaminati dalla paura e
dalla vendetta, tentano di controllarci per i loro interessi.

Respingiamo la violenza dello Stato di Israele, ma anche quella dei
gruppi armati palestinesi. Solo una coscienza nonviolenta potrà
fermare la violenza e se oggi questa coscienza è ridotta dobbiamo
farla crescere.

L'invasione di Gaza da parte dell'esercito israeliano deve cessare
immediatamente. I pacifisti palestinesi devono rafforzarsi per fermare
Hamas e qualsiasi gruppo armato. E' necessario creare uno stato
palestinese e la comunità internazionale ha una responsabilità perché
questo avvenga. Siamo tutti responsabili dell'umanizzazione dei
nostril popoli.

In tutto il mondo si verificano situazioni di violenza inaudita,
sempre più difficili da arrestare. Dobbiamo cambiare l'atmosfera
psico-sociale in cui siamo immerse: questo è l'obiettivo della Marcia
Mondiale per la Pace e la Nonviolenza e il disarmo nucleare mondiale è
la sua richiesta più importante. Questo è il primo passo per invertire
la direzione degli eventi. Raggiungere questo obiettivo rappresenta un
cambiamento rivoluzionario per l'umanità. Quale sarà il nostro
destino, se non ci proviamo?

La Marcia Mondiale è una causa in cui possono convergere tutte le
razze, tutti i popoli, tutte le culture e tutte le religioni,
superando la sofferenza che causiamo ad altri popoli e quella che
altri popoli ci hanno causato. Ci uniamo per costruire il futuro
nonviolento che emerge già dalla profondità dell'essere umano.

Patricia Arriagada Feliú
Comitato promotore della Marcia in Palestina

Roberto Kohanoff
Comitato promotore della Marcia in Israele

Giorgio Schultze
Portavoce europeo del Nuovo Umanesimo

venerdì 2 gennaio 2009

Striscia di Gaza: L’irrazionale logica della guerra - seconda parte

Striscia di Gaza: L'irrazionale logica della Guerra - seconda parte
Giovedì 1° gennaio 2009
Di Guillermo Sullings - Portavoce dell'Umanesimo in Argentina

Pochi giorni fa, a causa dei bombardamenti israeliano sulla striscia di Gaza, che fanno parte di una escalation bellica che continua ancora a mietere vite, ho elaborato un comunicato denunciando questo attacco in particolare, e la violenza in generale, data la mia condizione di portavoce dell’Umanesimo in Argentina.

Vorrei prima di tutto chiedere scusa se qualcuno che fa parte del popolo israeliano, o che solidarizza con esso, si fosse offeso o avesse interpretato che questa denuncia era diretta in modo particolare contro quel popolo. (Nonostante che in tale comunicato si facesse anche un esplicito riferimento critico alla violenza di Hamas).

In tal caso sarebbe inoltre opportuno chiedere scusa ad altri popoli che potrebbero essersi sentiti molestati, o attaccati, quando come umanista mi sono riferito a certi fatti di violenza durante diverse conferenze, forum o comunicati stampa negli ultimi anni. Spero di non aver offeso i credenti cattolici quando mi sono riferito ai crimini e alle persecuzioni perpetrate dalla Santa Inquisizione. O i popoli musulmani quando ho ripudiato i sanguinosi attentati all’Ambasciata Israeliana e all’AMIA in Argentina, o alle Torri Gemelle in USA. E spero di non aver offeso il popolo degli USA quando in ripetute occasioni ho criticato la politica imperialista del suo governo, le invasioni in Irak e Afganistan, e i tanti genocidi, cominciando da Hiroshima e Nagasaki.

E parlando di genocidi, spero di non aver offeso il popolo turco riferendomi qualche volta al genocidio armeno. Ugualmente i genuini militanti comunisti, parlando dei genocidi in Cambogia o nell’Unione Sovietica stalinista; o qualche capitalista ben intenzionato, quando ho parlato del genocidio che significa la fame nel mondo, per la cattiva distribuzione della ricchezza in questo sistema. E suppongo a questo punto, che nessun tedesco si sia sentito offeso per aver condannato in ripetute occasioni l’Olocausto perpetrato dai nazisti contro il popolo ebreo.

Credo anche opportuno chiedere scusa per alcune omissioni, di tanti fatti di violenza che sono avvenuti e avvengono su questo pianeta, ai quali non ho potuto riferirmi in modo specifico per materiale incapacità, e che sono stati inclusi solo nel contesto delle ripetute denuncie alla violenza in generale.

Faccio tutti questi chiarimenti perché continuo a credere che, per poter un giorno farla finita con la violenza nel mondo, è necessario comprenderne la radice ed aumentare il livello di tolleranza, per poter così avanzare verso la riconciliazione. E per comprendere la radice dei diversi fatti di violenza bisogna approfondire ed animarsi a definire delle posizioni, anche col rischio di sbagliare. Perché sarebbe molto facile chiedere la pace in generale, senza menzionare nessuno e così non dare fastidio a nessuno, ma non credo che serva per aiutare a comprendere. Credo che il tentativo di approfondire ci porta al dibattito, e se la discussione avviene con tolleranza, tutti possiamo guadagnarci in quanto a comprensione, perché nessuno ha la verità assoluta, però ha la possibilità di mostrare verità parziali per costruire una verità comune.

Riprendendo il conflitto tra israeliani e palestinesi considero che entrambi i popoli hanno diritto di vivere in pace ed hanno diritto ad un territorio. Se la loro storia, la loro cultura, la loro religione e le loro tradizioni li hanno portati a sentire come propria una stessa regione, la sfida dovrebbe essere quella di apprendere a convivere con tolleranza e cooperazione, (con o senza frontiere, perché questo si risolverà nel miglior modo se esiste la buona volontà) e si dovrebbe smettere di credere che la soluzione sia l’espulsione degli uni o lo sterminio degli altri.

Questa soluzione pacifica, apparentemente tanto remota oggi, sta nel fondo del cuore di ogni madre che ha perdo i suoi figli, o di quella che ha timore di perderli. Sta in qualche spazio della mente di ciascun uomo che vuole definitivamente poter lavorare in pace. Sta nel tenero sguardo di ogni bambino che vorrebbe godere della propria infanzia senza sapere cosa significa la parola “guerra”.

Il problema è che nel cuore e nella mente umana si annidano anche il risentimento, la sete di vendetta, l’intolleranza, la discriminazione e l’egoismo. E succede che molte volte i governanti o i leaders politici, sociali o religiosi, sentono che, potenziando gli aspetti negativi degli esseri umani, trarranno un maggior profitto per la propria sete di potere.

Resta ai popoli dunque la decisione di fare appello al meglio di se, per costruire un futuro di vita o lasciarsi portare via dalla parte peggiore e continuare con questo suicidio collettivo che porta il mondo verso un disastro (e qui non mi riferisco esclusivamente al conflitto arabo-israeliano). Se la gente fa appello alla parte migliore di se, dovrebbe riconsiderare l’appoggio che da a certi leaders e a certi governanti, perché molti di loro sono quelli che li stanno seppellendo in un pantano di una guerra senza fine. E dovrebbero anche considerare che l’arma che uccise i loro cari, non fu solamente sparata dalla fazione nemica, perché forse, in un certo qual modo, fu indirettamente sparata dalla violenza dei loro propri leaders.

A questo ci vogliamo riferire quando parliamo di “logica irrazionale della guerra”.

Perché così come un bombardamento israeliano si può giustificare con gli attacchi di Hamas, allo stesso modo gli attacchi di Hamas si potrebbero giustificare come una resistenza giusta di fronte all’occupazione di un territorio che era considerato proprio. E quell’occupazione del territorio da parte di Israele a sua volta si potrebbe giustificare con anteriori attacchi arabi, nella storia recente, o con le millenarie persecuzioni che ha sofferto il popolo ebreo nella sua storia.

Dal punto di vista della “logica irrazionale della guerra”, ci saranno sempre buone ragioni per attaccare, ragioni che molte volte si perderanno nella storia, in una catena interminabile di azioni e reazioni con le quali si potrebbe dare fondamento alla guerra permanente, per terminare nel lento suicidio collettivo della guerra convenzionale, o in un fulminante suicidio nucleare.

Non è con questa logica irrazionale, quella di pretendere di raggiungere la pace con la violenza, che si arriverà a vivere in pace; è come pretendere di spegnere un fuoco con della benzina. Perciò si dovrebbe comprendere che quando gli umanisti denunciano un fatto di violenza, non si fa per demonizzare l’occasionale autore di quel fatto particolare ma per segnalare un successivo anello della catena di violenza.

Ha forse potuto, la politica bellicista degli Usa e dei suoi alleati, farla finita con la violenza del terrorismo? Ha forse potuto, la spietata violenza del terrorismo, farla finita con l’ingiustizia nel mondo?

Bisogna cercare un altro cammino per terminare con la violenza e noi umanisti stiamo cercando di dare il nostro modesto contributo in questo senso, scommettendo sulla tolleranza, sulla riflessione e sulla presa di coscienza.

Per questa presa di coscienza non si deve solamente segnalare tutti i fatti di violenza (senza giustificarli con la violenza dell’altro), ma bisogna inoltre lavorare per disattivare la radice della violenza, che resta sempre accesa come una brace, rannicchiata per un nuovo incendio.

E dato che la radice della violenza è molto complessa e, in definitiva, si nutre del comportamento umano, bisogna lavorare a molti livelli per comprenderla e risolverla. Bisogna lavorare a livello individuale, di modo che ciascuno scopra la propria violenza e possa disattivarla in un processo di riconciliazione. Bisogna lavorare a livello sociale, per far si che la nostra società smetta di essere una fabbrica di mostri, che invano si cerca di reprimere, giacché per ogni mostro che si è fermato ne appaiono altri 10. Se non si lavora sulle ingiustizie sociali, sui paradigmi dell’individualismo e sulla mancanza di futuro dei giovani, non si otterrà niente con l’incremento delle forze di polizia o con leggi penali più severe. Se, ugualmente, non si lavora con le ingiustizie nel mondo, con l’intolleranza, con l’indifferenza, con il risentimento, non si potrà disattivare il germe della guerra.

Tocca ai popoli la responsabilità di prendere coscienza di questo e di agire di conseguenza in ciò che sta alla loro portata. Però tocca ai governi la responsabilità di agire sui problemi sociali in ogni paese e su quelli fra paesi. E quanto più potenti sono quei paesi, tanto più responsabilità hanno i loro governi, perché sono quelli che, coscientemente o no, stanno sostenendo l’attuale stato delle cose e sono quelli che hanno maggior potere per cambiarle se volessero, o se i loro popoli lo esigessero da loro.

Si sa che solamente con il 10% di ciò che si destina nel mondo alle spese militari si potrebbe far scomparire la fame nel mondo. Quanti altri problemi si potrebbero risolvere con il resto? Se i governi che spendono in armi lo facessero, ci sarebbero molti meno conflitti armati, non solamente perché ci sarebbero meno armi, ma anche perché ci sarebbero molti meno problemi coi quali giustificare le guerre.

E’ in questo contesto che potremmo dire che nell’attuale conflitto fra israeliani e palestinesi, sebbene la responsabilità dell’escalation di violenza sia condivisa da entrambe le parti, e sebbene nel recente inasprimento della violenza appaia chiara la responsabilità di Hamas che non ha mai smesso di attaccare, e sebbene i diritti di entrambi i popoli siano genuini, è innegabile che il governo di Israele è quello che ha maggiori elementi e maggior potere per lavorare per risolvere la radice più profonda del problema. E’ in questo contesto che il popolo di Israele, identificandosi coi suoi governanti e dando loro il suo appoggio, dovrebbe saper differenziare, fino a che punto lo stanno conducendo verso la pace e fino a che punto lo stanno conducendo in una strada senza uscita. Ovviamente tale analisi si fa difficile quando i leaders dell’altra parte scommettono ripetutamente sulla violenza, però bisogna imparare a vedere il processo che hanno le cose, da dove vengono e verso dove vanno.

Perché alguni dirigenti di Israele, non tutti, e molto meno il suo popolo, però effettivamente alcuni dirigenti a volte prendono decisioni belliche in funzione di campagne elettorali, anche se per farlo hanno sempre l’argomento degli attacchi dell’altra parte (che si muove anch’essa per interessi particolari).

Perché alcuni dirigenti di Israele, non tutti e molto meno il suo popolo, però effettivamente alcuni dirigenti si sono alleati con i peggiori dirigenti degli USA, da cui è arrivato negli ultimi 50 anni un aiuto di più di 250.000 milioni di dollari, tra aiuti diretti, prestiti condonati e accordi tecnologici, e buona parte di queste risorse sono state destinate per convertire Israele nella principale potenza militare della regione. Una regione che da una parte è ostile ad Israele (e con questo si potrebbe secondo alcuni giustificare una spesa maggiore per la difesa), ma che è anche strategica per gli interessi di alcuni poteri degli USA, per le risorse energetiche che possiede. In altre parole, Israele in qualche modo finisce per essere un pezzo chiave nella scacchiera del potere mondiale, mediante queste alleanze tra grandi poteri, ai quali poco importa ciò che succeda ai popoli. E tutto questo colloca il conflitto coi i palestinesi in un contesto molto più ampio che è necessario comprendere se lo si vuole risolvere.

E’ in questo contesto più ampio che anche il popolo palestinese (ed anche quello libanese per la sua vicinanza), si è trasformato in “carne da cannone” degli interessi dei fondamentalismi più violenti. E non stiamo parlando qui del popolo musulmano, anche se di questi tempi tutto si confonde e la irrazionalità diventa contagiosa.

Come aveva già anticipato Silo nel 1993 (Sesta Lettera ai miei amici): “Il grande capitale ha già finito la sua tappa dell’economia di mercato e comincia a disciplinare la società per affrontare il caos che esso stesso ha generato. Davanti a questa irrazionalità non si alzano dialetticamente le voci della ragione ma i più oscuri razzismi, fondamentalismi e fanatismi”.

Bisogna quindi comprendere che questo campo di battaglia si ubica necessariamente nel contesto di uno scontro violento mondiale e generalizzato che impedisce di risolvere le cose per la via pacifica. E bisogna comprendere che questo scontro generalizzato che sta portando il mondo verso il disastro, non è uno scontro voluto dai popoli ma, come dice Silo, tra la irrazionalità del grande capitale e quella dei fanatismi.

Allora noi, insieme coi nostri popoli, dovremmo fare uno sforzo per comprendere che non ci dobbiamo far trascinare dagli irrazionali di qualunque parte, anche se ci spiegano la loro violenza con gli argomenti della logica irrazionale della guerra. Perché di argomenti per quella logica ce ne saranno sempre, nel presente o nella storia.

Meglio cercare argomenti nel futuro, per raggiungere la pace, perché l’apparente costo della pace, quello che ipoteticamente si deve cedere per raggiungerla, sarà sempre di minor valore che una sola vita umana.

giovedì 1 gennaio 2009

MANIFESTAZIONE PER LA PALESTINA SABATO 3 GENNAIO A MILANO

LA COMUNITA' PALESTINESE DI LOMBARDIA

ORGANIZZA

UNA MANIFESTAZIONE CONTRO IL MASSACRO DI GAZA DA PARTE DELL'ESERCITO ISREALIANO, CHE STA UCCIDENDO CIVILI, BAMBINI, DONNE, DISTRUGGENDO CASE, OSPEDALI E SCUOLE.

UNA MANIFESTAZIONE CONTRO IL SILENZO INTERNAZIONALE E L'EMBARGO TOTALE DELLA STRISCIA DI GAZA IMPOSTO DA OLTRE 2 ANNI PER LA FINE DELL'OCCUPAZIONE ISRAELIANA DEI TERRITORI PALESTINESI.

INVITA

LE/I PALESTINESI DELLA LOMBARDIA, I LORO AMICI, LE FORZE POLITICHE E SOCIALI A PARTECIPARE.

SABATO 3 GENNAIO 2009,
DALLE ORE 15.30 A MILANO IN Piazza S.Babila